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Marzo 2002

Antisemitismo: tra storia e leggenda

Nel mese di febbraio 2002 è nata una querelle tra lo storico Kertzer e il gesuita padre Giovanni Sale in merito alle tesi antisemite – o presunte tali – espresse su La Civiltà Cattolica. Pubblichiamo qui di seguito gli articoli apparsi sul Corriere a firma dei due contendenti, unitamente ad un nostro commento sulla questione.

Indice articoli:

1) Dio è (o dovrebbe essere) verità — Il commento di FREE SOULS

2) La Chiesa e la trappola del «sano antisemitismo»

3) Altro che «leggenda nera», i gesuiti non furono mai antisemiti

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Dio è (o dovrebbe essere) Verità

a cura di FREE SOULS

Solo la verità può sconfiggere l’ignoranza e le varie manifestazioni umane sue figlie: antisemitismo, intolleranza, violenza, odio per i «diversi» di razza, di cultura, di credo politico o religioso. La verità è ciò che permette ai Tribunali di sanzionare le azioni umane che infrangono i codici che l’uomo si è dato per una convivenza civile. In assenza di verità, nei Tribunali, si verificano gli errori giudiziari. In assenza di verità sulla passata storia dell’uomo, si verificano errori di giudizio che perpetuano l’ignoranza e la menzogna.

Per quanto riguarda l’antisemitismo e il ruolo che in esso ha avuto la Chiesa cattolica, qual’è la verità?

Daniel Jonah Goldhagen, nella sua ricostruzione delle cause dell’Olocausto, ne I volonterosi carnefici di Hitler (Mondadori), spiega come l’antisemitismo abbia avuto origine nella cultura cristiana fin dai tempi dei romani e abbia, da lì in poi, accompagnato nel tempo la storia e la cultura cristiana, creando così l’humus nel quale il nazismo ha potuto, con relativa facilità, trovare un fertile ambiente per imporre le teorie razziali. Non è stato il cristianesimo a creare il nazismo né a volere l’olocausto. Tuttavia i gerarchi nazisti hanno usato l’antisemitismo intrinseco al cristianesimo facendone un veicolo ideale per i propri scopi.

In Antisemitismo e intolleranza abbiamo riportato alcuni brani tratti dal lavoro di Goldhagen dal quale si apprende che, nella cultura cristiana, gli ebrei erano «gli uccisori di Cristo» e che Pietro il Venerabile di Cluny dubitava «che l’ebreo possa essere umano, poiché non si piega al ragionamento degli uomini, né si accontenta degli enunciati dell’autorità, divina o ebraica che sia»; ciò portò all’identificazione degli ebrei con il male e il diavolo stesso. Tali radicate convinzioni trovarono nuovo sbocco nelle emergenti scienze meccaniciste della Germania del 18° e 19° secolo, le quali svilupparono la teoria razziale che fu utilizzata, spacciandola per «scientifica», per divulgare il concetto della «razza ebraica», una razza immonda e parassita che, come tutti i parassiti, andava sterminata se si voleva salvare l’organismo – in questo caso il popolo tedesco e la «razza ariana». La propaganda antisemita del 1887 diceva che i tedeschi dovevano convincersi «che anche l’ebreo più onesto, spinto dall’influenza ineludibile del suo sangue, portatore della moralità semitica [Semitenmoral] del tutto opposta alla vostra (dei tedeschi, N.d.R.), non può far altro che operare ovunque per la sovversione e la distruzione della natura tedesca, della civiltà tedesca».

Mentre la propaganda «politica» tedesca, come abbiamo visto, alimentava il mito della «nociva razza ebrea», la propaganda ufficiale cattolica, tramite La Civiltà Cattolica, il 22 dicembre 1880 pubblicava un articolo che diceva: «Che se questa ebraica razza straniera è lasciata troppo libera di sé, diventa subito persecutrice, vessatrice, tiranna, ladra e devastatrice dei paesi dove si stabilisce… Per impedire che questa razza perseguiti o sia perseguita, sono necessarii freni sapienti e leggi speciali a sua non meno che nostra difesa e salute». E ancora, da La Civiltà Cattolica nel 1893: «La nazione ebraica – scrive l’autore gesuita – non lavora, ma traffica sulle sostanze e sul lavoro altrui; non produce, ma vive e ingrassa coi prodotti dell’arte e dell’industria delle nazioni che le diedero ricetto. È il polipo gigante che co’ suoi smisurati tentacoli tutto abbraccia e attira a sé; che ha lo stomaco nelle banche, e le sue ventose o i suoi succhiatori da per tutto». Nel 1898 L’osservatore romano, dal canto suo, faceva appello a «un sano antisemitismo» e metteva i cattolici in guardia contro i pericoli causati dall’emancipazione degli ebrei: «L’ebreo ha voluto condurre una vita che non può assolutamente condurre, abbandonandosi eccessivamente e inconsultamente all’ingenita passione della sua razza, essenzialmente usuraia e invadente».

Tutto ciò avveniva alcuni decenni prima dell’avvento di Hitler e del nazismo. In verità, Hitler e i suoi accoliti nacquero in seno a quella cultura, sia politica che religiosa, e la usarono per «risolvere» il problema ebraico che tutti additavano come il vero problema dell’umanità.

Venendo alla querelle in oggetto, Padre Sale sostiene che gli articoli della Civiltà Cattolica citati dal prof. Kertzer «furono pubblicati in chiave anticomunista. La rivista combatté il giudaismo dal punto di vista religioso e successivamente sostenne, come molti cattolici (e anche liberali) di quel tempo, la tesi del complotto giudaico - massonico - bolscevico contro la società cristiana. Va ricordato però che gran parte dei membri (17 su 21) del Consiglio dei commissari del popolo creato da Lenin dopo il 1917, cioè il Governo del Paese, era costituito da ebrei. Da qui nacque e si consolidò la leggenda del binomio giudaismo-comunismo. È comprensibile quindi che la Chiesa, combattendo il bolscevismo e la dottrina atea che esso sosteneva, attaccasse allo stesso tempo anche il giudaismo».

Tuttavia Lenin e la rivoluzione russa erano ancora lontani nel tempo (alcuni decenni, dato che gli articoli sono del 1880, 1893, 1898), indi per cui le giustificazioni adotte da padre Sale nel suo articolo non ci sembrano appropriate e non spiegano in modo plausibile l’atteggiamento antisemitico della Chiesa.

Il prof. Kertzer sostiene che non ha senso pensare che l’antagonismo «religioso» del Vaticano verso gli ebrei non abbia nulla a che fare con i movimenti del moderno antisemitismo. Non c’è accusa più «religiosa» di quella secondo cui gli ebrei torturavano e uccidevano i bambini cristiani e ne usavano il sangue per i loro riti, un’accusa che il Vaticano ripropose in varie occasioni fino alla Prima guerra mondiale. In un articolo uscito su La Civiltà Cattolica nel 1914 si dice che il giudaismo insegnava agli ebrei a considerare il sangue dei bambini cristiani «una bevanda come il latte». Con l’aiuto del terreno preparato dalla Chiesa, i nazisti riuscirono a sfruttare le accuse di omicidio rituale, usandole spietatamente negli anni Venti e Trenta allo scopo di demonizzare gli ebrei.

Concordiamo pienamente con la tesi del prof. Kertzer. Notiamo altresì che l’anno citato, 1914, è precedente alla rivoluzione russa (ottobre 1917) che portò successivamente al Governo di quel Paese 17 ebrei su 21 membri.

È nostra opinione che le persone sono figlie del loro tempo, per cui “comprendiamo” o “cerchiamo di comprendere” i motivi per cui la maggioranza delle persone di allora, atee o religiose che fossero, la pensavano in un certo modo. Ma pur “comprendendo”, noi non siamo d’accordo con i comportamenti intolleranti e violenti, quale che sia la loro natura e motivazione, e vorremmo che fossero capiti appieno ed «estirpati» affinché non abbiano più a ripetersi.

Quello che non comprendiamo, invece, è come mai, a distanza di un secolo, vi siano reticenze nell’ammettere quello che è successo e perché è successo, preferendo alla verità la menzogna o il silenzio. Nessuno, tanto meno il prof. Kertzer, vuole accusare i cattolici ed il clero cattolico attuale per i misfatti dei cattolici e del clero cattolico di allora. Reticenze, menzogne e silenzi, però, non fanno altro che alimentare sospetti di incoffessabili connivenze odierne con il pensiero del passato, come se la difficoltà nell’ammettere che quelli furono errori madornali stia nel fatto che «quelli» non sono percepiti come errori. Infatti Papa Giovanni Paolo II viene contestato per le sue «aperture ecumeniche», come ha sottolineato Luciano Brunelli in Quei correttori di Wojtyla, mentre l’intolleranza verso «gli infedeli» vede in prima linea alcuni esponenti cattolici di spicco, come il cardinale Biffi che non esita a criticare ben due papi conciliari – Giovanni XXIII e Paolo VI – per la loro politica ecumenica (vedasi anche L’umana violenza “divina”).

Ci stupisce, inoltre, constatare che per padre Sale sia «comprensibile […] che la Chiesa, combattendo il bolscevismo e la dottrina atea che esso sosteneva, attaccasse allo stesso tempo anche il giudaismo». Come a dire che il fine giustifica i mezzi, qualunque essi siano. A parte il fatto che la “lotta” della Chiesa cattolica al giudaismo è molto più antica della “lotta” al bolscevismo, ci pare che l’aver escogitato «la tesi del complotto giudaico - massonico - bolscevico contro la società cristiana» per combattere il “nemico infedele” sia stato uno stratagemma “diabolico”, degno di strateghi politici che ben poco hanno a che vedere con la religione, Dio e la salvezza delle anime. Tanto più che in questo “fascio” si accomunarono tre entità assolutamente diverse tra loro che in comune avevano solo il fatto di non essere gradite (a torto o a ragione) all’alto clero.

Insegnare che gli ebrei considerassero il sangue dei bambini cristiani «una bevanda come il latte» per inculcare nei fedeli cattolici la paura dell’ebreo, del «demonio», ci sembra una trovata inqualificabile. Ci addolora constatare che quelli che dovrebbero portare alto il messaggio di Gesù occupino invece il loro tempo e i loro sforzi per combattere dei nemici “terreni” rei di pensarla in modo diverso.

Tutto ciò ci porta a fare un parallelismo con alcuni comportamenti della Chiesa, o di alcune frange e alcuni personaggi all’interno della Chiesa, dei nostri giorni. C’è infatti un proliferare di gruppi cattolici disseminati nelle varie diocesi che fanno capo al GRIS (Gruppo Ricerca e Informazione sulle Sette, che recentemente ha modificato il proprio nome sostituendolo con il più pomposo “Gruppo Ricerca e Informazione Socio-religiosa”), un’emanazione della CEI (Conferenza Episcopale Italiana), che si prefigge di combattere maghi, sette, nuove religioni, le religioni “fai-da-te” e, in pratica, qualsiasi forma di spiritualità non contemplata e non in linea con l’ortodossia Cattolica, includendo tra le “sette” la Congregazione cristiana dei Testimoni di Geova e le forme di spiritualità orientali. (Una presentazione dei movimenti “anti-sette” italiani, e del GRIS, è reperibile sul sito del CESNUR).

Il parallelismo si spinge a tal punto che il GRIS sembra essere il principale propugnatore italiano della teoria secondo cui i nuovi movimenti religiosi usano il “lavaggio del cervello” per irretire le ignare e fragili “vittime” di detti movimenti, definiti in modo spregiativo “sette”. La teoria del “lavaggio del cervello” (versione moderna del “bere il sangue dei bambini”) risulta però essere assolutamente priva di fondamento scientifico, tant’è che è stata sconfessata dalla stessa American Psychological Association (si veda a tal proposito l’articolo del CESNUR sul lavaggio del cervello). Ciò nonostante il GRIS, e i suoi accoliti, la propugnano a più non posso, sollecitando l’intervento del legislatore per reintrodurre in Italia l’incostituzionale reato di plagio, ribatezzandolo “manipolazione mentale”, sulla scia della contestattissima ed illiberale iniziativa dei legislatori francesi.

Che dire, la storia si ripete. Non siamo di fronte ad un nuovo Olocausto, ma qualche avvisaglia di novelle “notti dei cristalli” si scorge qua e là. Si pensi ai vari movimenti skin-heads in Germania, e un po’ in tutta Europa (Italia compresa), che rifacendosi ad una cultura cristiano-cattolica fondamentalista si sono resi responsabili di atti vandalici, a volte mortali, nei confronti delle minoranze e dei diversi. In Italia il movimento neo-fascista Forza Nuova riporta nel proprio programma il «ripristino del concordato Stato-Chiesa del 1929» e la «messa al bando di massoneria e sette segrete». Per dare corpo ai propri propositi, il 2 marzo 2002 Forza Nuova ha organizzato un picchettaggio davanti alla sede della Chiesa di Scientology di Padova (la temutissima psico-setta americana, almeno stando alla descrizione che ne da il GRIS), finito con i forzanovisti da una parte e gli agenti antisommossa della Digos dall’altra. Allo stato, non ci risulta che vi siano prese di posizione contro tali manifestazioni di intolleranza e di violenza, né da parte cattolica né da parte del mondo politico. Al contrario, sull’altro versante, oltre a iniziative “umanitarie” come quelle messe in atto dal GRIS, alcuni politici dell’attuale XIV legislatura hanno presentato un disegno di legge per la reintroduzione del reato di plagio affinché ci si possa difendere dalle “sette”, e ben due disegni di legge (n° 158, e n° 497) sull’abuso della credulità popolare che vanno ad abbracciare anche la sfera religiosa e, in particolare, i nuovi movimenti religiosi.

Daniel Jonah Goldhagen scrive: «[…] Così voleva la logica dei Padri della chiesa, e quella che accompagnò l’antisemitismo nella sua graduale evoluzione verso il momento, nel XIII° secolo, in cui l’ebreo divenne sinonimo del diavolo. Grazie al controllo assoluto che esercitava sulla cosmologia e sulla morale in Europa, la chiesa diffuse tale idea per mezzo dei suoi portavoce, i vescovi, e soprattutto i parroci, creando una concezione universale e relativamente uniforme, panaeuropea, in cui gli ebrei, creature del demonio, finiscono per non far parte nemmeno dell’umanità». Il parallelismo con l’attuale logica dei Padri della chiesa, e di gruppi quali il GRIS, nei confronti dei «nuovi ebrei» (musulmani, nuovi movimenti religiosi, eccetera) e del demonio insito in essi è palese.

Siamo lieti di apprendere da padre Sale che «La Civiltà Cattolica fu l’unica rivista italiana che si oppose, già nell’agosto 1938, alla legislazione razziale emanata da Mussolini il 1° settembre 1938»; infatti in più parti in questo nostro sito abbiamo sostenuto che la maggioranza dei cattolici è «sana», intendendo con ciò tollerante e portatrice del messaggio di amore e fratellanza di Cristo. Tuttavia quel «già» stona un po’: il prof. Kertzer ha citato articoli di chiaro antisemitismo da parte della rivista gesuita datati 50/60 anni prima, per cui la presa di posizione de La Civiltà Cattolica è, quantomeno, un po’ tardiva. Comunque, meglio tardi che mai.

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del 26 febbraio 2002

Dopo gli attacchi di «Civiltà Cattolica»
lo storico Kertzer rilancia le accuse a Pio XI

La Chiesa e la trappola
del «sano antisemitismo»

di David I. Kertzer
(Traduzione Maria Sepa)

Come mostrano chiaramente le notizie della scorsa settimana, il dibattito sul ruolo del Vaticano nella Shoah non si è concluso. Il nuovo film di Costa-Gravas, Amen, che inizia con il rifiuto di Pio XII di prendere posizione pubblicamente contro lo sterminio nazista degli ebrei, ha sollevato grida di protesta nella Chiesa in Italia e altrove. Rispondendo a crescenti pressioni, lo scorso venerdì il Vaticano ha dichiarato che gli archivi relativi al papato di Pio XI (1922-39) sarebbero presto stati aperti. Negli ultimi anni il Vaticano ha inviato segnali ambigui su come intenda affrontare questa parte del suo passato. Da un lato Giovanni Paolo II ha chiesto a tutti i figli e le figlie della Chiesa di fare «un esame della responsabilità per i peccati commessi nel passato», ed egli stesso ha chiesto perdono a nome della Chiesa per la passata intolleranza nei confronti degli ebrei. Tuttavia la Commissione che ha incaricato di investigare sul ruolo della Chiesa nella diffusione dell’antisemitismo moderno ha concluso, nel rapporto del ’98 («Noi ricordiamo»), che la Chiesa non ha responsabilità per l’Olocausto. La Commissione ha dichiarato che nel passato la Chiesa ebbe un ruolo nel diffondere un’immagine negativa degli ebrei solamente sotto l’aspetto religioso, mentre l’antisemitismo moderno, che ha contribuito ad aprire la strada alla Shoah, si componeva di immagini negative degli ebrei in ambito sociale, economico, politico e razziale.

La riluttanza del Vaticano a confrontarsi con il suo scomodo passato è nuovamente affiorata nella critica al mio nuovo libro, I papi contro gli ebrei: il ruolo del Vaticano nell’ascesa dell’antisemitismo moderno (Rizzoli, ndr ), mandata in onda da Radio Vaticana e riportata sul Corriere della Sera l’8 febbraio. Padre Giovanni Sale, storico di Civiltà Cattolica, ha sminuito il libro definendolo «pamphlet», e ha aggiunto che «non era un serio libro di storia». Aderendo alla visione ufficiale secondo cui le immagini negative degli ebrei propagandate dalla Chiesa non avevano nulla a che fare con l’«antisemitismo», Padre Sale ha affermato che Civiltà Cattolica, le cui pagine dovevano essere approvate dal Vaticano prima di andare in stampa, non solo non promulgò l’antisemitismo, ma anzi si batté con forza contro i pregiudizi.

Senza dubbio Padre Sale conta sul fatto che pochi si daranno la pena di andare a controllare i vecchi numeri di Civiltà Cattolica. Che, invece, ebbe un ruolo importante nella diffusione dell’antisemitismo, dalla nascita dell’antisemitismo moderno, nel 1880 circa, fino alla Seconda guerra mondiale. All’inizio del 1880, ad esempio, la rivista pubblicò una serie di 36 articoli violentemente antisemitici. Un passo del numero del 22 dicembre 1880 dice: «Che se questa ebraica razza straniera è lasciata troppo libera di sé, diventa subito persecutrice, vessatrice, tiranna, ladra e devastatrice dei paesi dove si stabilisce… Per impedire che questa razza perseguiti o sia perseguita, sono necessarii freni sapienti e leggi speciali a sua non meno che nostra difesa e salute». Ai cattolici veniva continuamente ripetuto che gli ebrei non erano semplicemente membri di una religione ostile, ma anche di una nazione ostile, pronta a usare ogni mezzo criminale immaginabile pur di derubarli e perseguitarli. Solo rimandando gli ebrei nei ghetti l’Europa cattolica si sarebbe messa al riparo da essi. Per quel che riguarda l’antisemitismo moderno, non c’è esempio più pertinente di quello offerto dal linguaggio usato da Civiltà Cattolica nel 1893: «La nazione ebraica – scrive l’autore gesuita – non lavora, ma traffica sulle sostanze e sul lavoro altrui; non produce, ma vive e ingrassa coi prodotti dell’arte e dell’industria delle nazioni che le diedero ricetto. È il polipo gigante che co’ suoi smisurati tentacoli tutto abbraccia e attira a sé; che ha lo stomaco nelle banche, e le sue ventose o i suoi succhiatori da per tutto».

Alle porte del XX secolo il giornale del Vaticano, L’osservatore romano, faceva appello a «un sano antisemitismo». Nello stesso articolo del 1898, metteva i cattolici in guardia contro i pericoli causati dall’emancipazione degli ebrei: «L’ebreo ha voluto condurre una vita che non può assolutamente condurre, abbandonandosi eccessivamente e inconsultamente all’ingenita passione della sua razza, essenzialmente usuraia e invadente».

Non ha senso pensare che l’antagonismo «religioso» del Vaticano verso gli ebrei non abbia nulla a che fare con i movimenti del moderno antisemitismo. Non c’è accusa più «religiosa» di quella secondo cui gli ebrei torturavano e uccidevano i bambini cristiani e ne usavano il sangue per i loro riti, un’accusa che il Vaticano ripropose in varie occasioni fino alla Prima guerra mondiale. In un articolo uscito su Civiltà Cattolica nel 1914 si dice che il giudaismo insegnava agli ebrei a considerare il sangue dei bambini cristiani «una bevanda come il latte». Con l’aiuto del terreno preparato dalla Chiesa, i nazisti riuscirono a sfruttare le accuse di omicidio rituale, usandole spietatamente negli anni Venti e Trenta allo scopo di demonizzare gli ebrei.

E le leggi razziali promulgate nel 1938 in Italia, o le leggi simili che privavano gli ebrei dei loro diritti in Germania, Polonia e in altri paesi negli anni Trenta non hanno niente a che vedere con l’antisemitismo moderno? Non hanno avuto responsabilità nel rendere possibile l’Olocausto? Perché padre Sale non ha detto nulla a proposito del silenzio di Papa Pio XI nei confronti di queste leggi razziali? Perché non ha detto nulla del fatto che nell’agosto del ’43, dopo la caduta di Mussolini, il Vaticano si oppose ai tentativi di revocare le leggi antisemite in Italia, sostenendo che molti di quei provvedimenti erano in pieno accordo con la dottrina della Chiesa?

Il fatto è che dal momento in cui le truppe italiane hanno liberato gli ebrei romani dal ghetto nel 1870, il Vaticano ha continuato ad avvertire tutti coloro disposti ad ascoltarlo, che dare uguali diritti agli ebrei era un errore; a sostenere che gli ebrei erano «una setta del male e volevano danneggiare i cristiani, che agli ebrei interessavano solo i soldi e avrebbero fatto qualsiasi cosa per averli, che gli ebrei controllavano la stampa e le banche, e che gli ebrei erano sempre pronti a vendere il loro paese al nemico». Questa è la triste storia che perfino oggi il Vaticano rifiuta di riconoscere. Finché non lo farà, essa rimarrà una piaga purulenta che nessuna aspra denuncia da parte di studiosi come me potrà sanare. È tempo che la Chiesa presti ascolto alle parole di Giovanni Paolo II: solo guardando in faccia con onestà i peccati del passato possiamo tutti sperare in un futuro più luminoso.

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del 28 febbraio 2002

«Civiltà Cattolica» risponde allo storico Kertzer sulle colpe del Vaticano:
Pio XI in realtà fece pubblicare articoli contro il razzismo

Altro che «leggenda nera»,
i gesuiti non furono mai antisemiti

di p. Giovanni Sale

Gli articoli della Civiltà Cattolica che il prof. Kertzer cita nella «Terza Pagina» del Corriere del 26 febbraio – va precisato per comprenderne il senso – furono pubblicati in chiave anticomunista. La rivista combatté il giudaismo dal punto di vista religioso e successivamente sostenne, come molti cattolici (e anche liberali) di quel tempo, la tesi del complotto giudaico-massonico-bolscevico contro la società cristiana. Va ricordato però che gran parte dei membri (17 su 21) del Consiglio dei commissari del popolo creato da Lenin dopo il 1917, cioè il Governo del Paese, era costituito da ebrei. Da qui nacque e si consolidò la leggenda del binomio giudaismo-comunismo. È comprensibile quindi che la Chiesa, combattendo il bolscevismo e la dottrina atea che esso sosteneva, attaccasse allo stesso tempo anche il giudaismo. La rivista però modificò poi il suo antigiudaismo (che era cosa ben diversa dall’antisemitismo professato a quel tempo da molti intellettuali di destra e applicato subito dopo dai regimi totalitari) e per impulso di Pio XI, a partire dal 1934, pubblicò alcuni articoli contro l’antisemitismo razziale. Al prof. Kertzer che mi chiede: «Perché il p. Sale non ha detto nulla a proposito del silenzio di Pio XI nei confronti delle leggi razziali?», rispondo dicendo che, com’è noto, La Civiltà Cattolica fu l’unica rivista italiana che si oppose, già nell’agosto 1938, alla legislazione razziale emanata da Mussolini il 1° settembre 1938. Del resto anche dal nostro archivio risulta che l’autore degli articoli, il p. Antonio Messineo, fu contattato da un membro del Gran Consiglio del fascismo, il quale gli chiese di scrivere alcuni articoli contro le teorie razziste, che il Duce era in procinto di applicare anche in Italia, con la speranza che essi potessero bloccare il progetto. Pio XI diede il suo assenso. Dopo che il primo articolo uscì il 4 agosto 1938, la questura di Roma intimò, alla tipografia che stampava allora la nostra rivista, di non pubblicare più scritti contrari alle teorie razziste, pena la chiusura dell’azienda. L’articolo condannava la teoria che riduceva la nazione alla razza, «difesa – scriveva il p. Messineo – con una ostinatezza e un fanatismo ideologico degno di migliore causa e con una povertà di argomenti da tutti gli scrittori che traggono ispirazione dal mito razzista della nuova Germania» (Civ. Catt. 1928 III 216).

Qualche mese prima il p. Enrico Rosa (che pure in passato aveva assunto posizioni antigiudaiche, per motivi religiosi) pubblicò sulla rivista un articolo molto forte contro le teorie razziste divulgate in Germania. Egli vedeva come infatuazione o follia collettiva quelle teorie, che volevano esaltare «la stirpe o la razza germanica al di sopra di tutte le altre, come la più perfetta. Laddove tutte le altre stirpi del genere umano sarebbero ad essa inferiori, tutte da posporsi o asservirsi alla “grande Germania”, ovvero anche da sterminarsi, come l’ebraica» (Civ. Catt. 1938 III 63). Vanno inoltre ricordati gli articoli che La Civiltà Cattolica pubblicò dopo l’adozione delle leggi razziali da parte del fascismo, anche in difesa dei «matrimoni misti» (cioè tra cattolici ed ebrei); quelle norme erano considerate da Pio XI lesive della dignità umana e, inoltre, del Concordato stipulato dall’Italia con la Santa Sede.

Queste tesi sostenute dalla nostra rivista furono poi riprese da Pio XII già nella sua prima enciclica Summi Pontificatus. Durante l’udienza del 30 ottobre 1939 Pio XII chiese, al direttore della Civiltà Cattolica, di tenere presenti negli articoli successivi «gli errori condannati dall’enciclica, in particolare si difenda l’unità del genere umano contro i razzismi». Da questo punto di vista non c’è alcuna contraddizione tra il magistero di Pio XI e quello di Pio XII. Che la propaganda razzista in Germania e in Europa e le leggi razziali abbiano poi condotto all’Olocausto, come afferma Kertzer, è certamente vero, non vedo però quale legame ci sia tra questo tragico evento del secolo appena trascorso e la responsabilità della Chiesa a questo riguardo, che ha sempre denunciato l’antisemitismo e ha fatto di tutto per salvare da «morte certa» centinaia di migliaia di queste vittime. Sono gli stessi archivi statunitensi a scagionare oggi Pio XII da presunte «colpe» o inconfessate sue «connivenze con Hitler». I dispacci dell’Office of Strategic Services provano invece una realtà diversa. In uno di essi si dice che Pio XII è nemico della Germania, perché «ha ritenuto necessario intervenire a favore degli ebrei», e in un altro si legge: «I tedeschi promisero che il Papa non avrebbe più commemorato la sua incoronazione». Ma Kertzer sembra rimanere legato alla leggenda «nera» divulgata anche in opere teatrali e cinematografiche.


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