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del 25 maggio 2001

Uccise l’ex fidanzata: niente carcere, va in comunità

Al momento del delitto il ragazzo era
«incapace di intendere e di volere»

di Luigi Ferrarella
lferrarella@rcs.it

MILANO — La spiegazione più semplice, ma anche la più efficace, la offre il suo avvocato Nadia Alecci: «In carcere si tengono i delinquenti, i malati come Roberto non si tengono in carcere ma nei luoghi dove possono essere curati». E il futuro del ragazzo comincia a prendere proprio questa forma: il 17enne, che il 12 febbraio a Sesto San Giovanni nel cortile di scuola ha ucciso con un coltellino la sua ex fidanzata Monica (16 anni), sarà presto avviato a una comunità specializzata dove potrà giovarsi del programma terapeutico che il consulente della sua difesa, il professor Andreoli, ha già suggerito al Tribunale dei minorenni. È il risultato – condiviso ieri dai consulenti di tutte le parti – delle perizie che hanno rilevato un totale vizio di mente dovuto a un disturbo della personalità narcisistico-schizoide: patologia che al momento del fatto ne ha determinato l’incapacità di intendere e di volere, e che oggi lo rende tanto incompatibile con il carcere quanto bisognoso di cure per sé e ancora pericoloso per gli altri. Per la legge, dunque, Roberto non è punibile. La svolta processuale è stata accolta con sofferta intensità dalla famiglia di Monica: «Colpita da un dolore insanabile – spiega il legale di parte civile, Giuliano Pisapia – , si affida pienamente alla sensibilità e alla competenza del giudice».


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