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del 24 maggio 2001

IL GIUDICE MINORILE

La Matone: «La legge dà troppe vie di fuga
Sottoporre i pervertiti a cure farmacologiche»

di Dino Martirano

ROMA - Sfoglia i quotidiani e l’occhio le cade su una notizia che arriva da Bologna: «Libero dopo due giorni il pensionato che voleva rapire una bimba». La dottoressa Simonetta Matone, sostituto procuratore presso il Tribunale per i minorenni di Roma, prima si schermisce: «Non commento le inchieste di altri». Poi parte alla carica: «Contro i pedofili ci vuole un regime di doppio binario, bisogna eliminare le mille vie di fuga che consentono loro di evitare il carcere. Se vogliono ottenere i benefici devono sottoporsi a una cura obbligatoria. E questa dovrebbe essere una condizione tassativa». Il nodo costituzionale del recupero di chi deve scontare una pena è assai delicato ma nel caso dei ladri di bambini, insiste la dottoressa Matone, bisogna fare un distinguo: «Tra la libertà di autodeterminazione del pedofilo che decide o meno di farsi curare e la necessità di tutelare la comunità dagli abusi sui minori, prevale quest’ultima». Quindi riemerge l’idea di un Trattamento sanitario obbligatorio (Tso) previsto per le patologie psichiatriche: «Le norme dovrebbero essere modificate per estendere il Tso anche chi compie abusi sui minori seguendo gli impulsi delle perversioni sessuali. Questi soggetti dovrebbero poter patteggiare la loro liberazione subordinandola però a una cura obbligatoria seguita in strutture pubbliche e sotto controllo medico. Non è la castrazione chimica ma solo un controllo farmacologico delle perversioni».

Il Comitato nazionale di bioetica ha già detto di no. Ma il dibattito è aperto e il pm Matone snocciola i suoi dati: «Con la legge Simeone, in base alla quale esce chi ha un residuo pena inferiore ai 3 anni, in carcere ci restano solo gli irriducibili del crimine. E poi ci sono le altre "vie di fuga": affidamento in prova ai servizi sociali, semilibertà, liberazione anticipata, accertamenti sulla capacità di intendere e di volere dell’imputato. Al limite, a questi soggetti possiamo applicare solo le misure di sicurezza che però vengono meno se si riesce a dimostrare di essere guariti».

Alla fine di una legislatura che ha varato molte riforme di segno garantista, anche la dottoressa Matone è costretta ad ammettere che il Parlamento ha respinto al mittente la proposta di differenziare il trattamento per i detenuti. Le nuove regole del processo, infatti, valgono per tutti: «Il garantismo nato come esigenza di difendersi dagli eccessi giudiziari di Tangentopoli in realtà hanno distrutto un sistema processuale. Non so se sia stato un bene o un male, ma un dato è certo: arriviamo a molte assoluzioni solo su questioni meramente procedurali». E ancora: «Le regole garantiste si applicano erga omnes, al direttore generale e al pedofilo illustre. E con queste leggi, è giusto che sia così».

Doppio binario, dunque. Ma Simonetta Matone lancia anche un appello ai genitori e agli insegnanti: «Si rende necessaria una preparazione specifica per metterli in grado di cogliere i livelli di sofferenza dalla lettura dei temi e dalla decrittazione dei disegni. Perché i bambini maltrattati o sottoposti agli abusi sessuali lanciano un segnale d’allarme. Lo fanno sempre».


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